Prima del primo mio viaggio in Bolivia, che era una tappa di un lungo viaggio in sette/otto paesi, Renato Sandri mi fece un bellissimo regalo: una lunga lettera scritta a mano, su entrambe le facciate dei vari fogli (per non sprecare carta), con riflessioni sui paesi che avrei visitato, indicazioni e opinioni sui dirigenti politici che avrei incontrato e, sul paese andino, una paterna raccomandazione (da esperto montanaro), che suonava più o meno così: "quando sbarchi a La Paz ricordati che stai a oltre 4.000 metri! Non fare sforzi, non portare pesi, non correre e non fare salite. Ogni sgarro lo pagherai! Appena arrivi vai in camera e riposa. Il giorno seguente, ancora riposo. Mangiare poco e leggero, brodino, e niente alcool. Qualche passeggiata tranquilla e niente incontri di lavoro. Dal terzo giorno e ormai acclimatato può iniziare, sempre con prudenza, l’attività”. Mentre leggevo le raccomandazioni pensavo, fra me e me: ma come farò a spiegare a Renato che a La Paz mi fermerò solo …tre giorni…?!
A casa dello psichiatra Marcos Domic (uno dei tanti croati approdati sulle Ande, come più tardi scoprirò leggendo le pagine di Giorgina Levi), Segretario del PC boliviano, tanto affettuoso nel tratto umano quanto rigido e irremovibile nel dogmatismo della visione ideologica, capii che fino a quel momento non avevo conosciuto per niente le patate. Come in Italia dire "pasta” non significa nulla: dipende dalla forma, dal tipo di farina, dalla cottura, ecc. ecc. In Bolivia (e in generale sulle Ande), dire "patata” non significa nulla: ve ne sono centinaia di tipi, e forse migliaia di ricette. Esperienza gastronomica straordinaria. Ma le posizioni politiche rimasero remotissime…
Con quelli del MIR, che attraverso sentieri tortuosi erano approdati alla Internazionale Socialista, il dialogo non fu particolarmente difficile e assicurarono subito il loro sostegno al nostro ingresso nella organizzazione. Conobbi Jaime Paz Zamora, Oscar Eid, che anni più tardi soffrirà il carcere accusato di narcotraffico, e la esuberante responsabile internazionale.
Partecipai ad un incontro culturale sulle tradizioni e la cosmovisione andina, aymara e quechua. Venne anche presentato un libro di Gloria Ardaya, fine intellettuale boliviana, della Universidad Mayor de San Andres. Tante riunioni con sindacalisti, esponenti politici, intellettuali.
In quella prima fase non conobbi nessuno dell’MNR, mentre successivamente (a Roma) diverrò amico fraterno di Moira Paz Estenssoro, figlia di Victor Paz Estenssoro, Presidente riformatore della Bolivia (Moira è stata per due volte Ambasciatore di Bolivia in Italia e, successivamente, parlamentare e Ministra nel suo paese).
In quel periodo la forza politica forse più affine al nostro modo di vedere il mondo e la politica era l’MBL, Movimiento Bolivia Libre. Conobbi bene il suo fondatore, Toño Aranibar ma, soprattutto, si instaurò una forte e solida amicizia con Alfonso Alem, che in quel periodo era il loro responsabile relazioni internazionali. Compagno intelligente, grandissimo conoscitore del mondo indigeno andino, in particolare dell’area del Titicaca, attento e curiosodi ciò che maturava in Italia e in Europa. Ci incontrammo varie volte in Bolivia, una in Italia, e spesso in giro per l’America latina, ai Congressi degli altri partiti oppure al Foro de São Paulo, dove una volta (credo a San Salvador) venne duramente contestato dalle componenti più estremiste e dogmatiche per l’appoggio che l’MBL stava dando al governo nella predisposizione della legge di participacion popular. Di Alfonso mi ha sempre colpito la grande umanità. Nella seconda o terza visita al La Paz, agli inizi degli anni’90, ero a casa sua per il mate de coca mattutino e poi, dopo un paio di riunioni, sarei partito nel pomeriggio. Finimmo a parlare del lago Titicaca e, con suo enorme stupore (e raccapriccio), dovetti confessare che non c’ero ancora mai stato! "Sai com’è: arrivo, sto pochissimi giorni, decine di riunioni, incontri, …non c’è mai tempo…”. Alfonso, dopo aver imprecato contro la mia inettitudine di burocrate europeo che da la priorità alle riunioni invece di conoscere la vera Bolivia (!), dicendo che io non me ne andrò da La Paz senza prima aver visto una parte fondamentale del loro mondo ("molto più che le tante sale da riunioni che frequenti!”), si attacca al telefono, disdice - d’ufficio - gli ultimi due appuntamenti cui dovevo recarmi di li a poco, insieme alla moglie si preparano e preparano i bambini, saliamo tutti sulla sua camionetta, passiamo in hotel a ritirare la mia valigia e …mi fa uno dei più bei regali della mia vita: una, seppur velocissima, visita al lago Titicaca. Rimasi senza parole di fronte a quella immensità straordinaria. Ci fermammo anche in una comunità indigena, conosciuta da Alfonso, mentre stavano tenendo la loro assemblea. Ci tornerò varie volte, al Titicaca, una di queste insieme a D’Alema…